Il piede nella sua scarpa non faceva rumore sulla moquette. E nemmeno l’altro piede. Ma la frenata brusca che hanno fatto le suole deve essersi sentita fin fuori quel MediaWorld. Ero davanti il banco della Apple (che siccome la roba Apple è talmente figa che ha perfino un bancone apposito, penso ci abbiate fatto caso) e l’ho visto. L’iPad fino a quel momento pensavo fosse un vaneggiamento dei giornali, una promessa con cui Steve poteva vantarsi. Come quando un bambino dice di aver trovato la figurina rara e tutti gli amici ci credono anche se non gliela vedranno mai in mano. L’iPad era lì in esposizione sotto uno spesso strato di sporco, di grasso, di ditate di chissà quanti mocciosi, manager, ragazzi, padri di famiglia, cantanti e killer spietati che passavano di lì per caso.
Me lo aspettavo più grosso, sinceramente. E’ più piccolo di quanto abbiano fatto pensare. L’ho toccato, ho passato le mie curiose dita sudate sul grasso spalmato su quel display coloratissimo, tanto lurido che quasi non riuscivo a testare il multitouch. Bello, pensavo, Bello!, Forte!, Sensibile!. L’ho ruotato tutto, l’ho guardato, ho messo in play un video e ho passato l’orecchio lungo tutta la superficie in cerca degli altoparlanti, l’ho esaminato un po’ come farebbe un marziano sulla terra che non ha mai visto un pomodoro.
Poi però ho avuto un flash, mi sono immaginato me stesso sul divano, fermo, con questo coso in mano. Mi son visto fermo, immobile, ad osservare lo schermo dell’iPad mentre mi chiedo Che faccio adesso? Cosa posso fare? Esiste un App scaricabile che mi stampa i 600 euro che ho speso?
Poi mentre andavo via ho incontrato pure Guidino, era insieme a me alla cassa ma mica l’ho salutato. Se poi anche lui faceva come l’iPad?