Sull’Amore

Ma io che ne so. Che ne so dell’amore. Da piccolo guardavo i cartoni, c’erano dei gatti che si intrecciavano la coda sul camino di un tetto di Parigi. Per me l’amore era quello, era intrecciare la coda e poi suonare il jazz. Col tempo ho dimenticato la teoria, fatto poca pratica, e di colpo mi son visto iscritto all’esame di guida. Il primo esame, quello che se va male ci sono gli amici che ti dicono che tra un mese lo rifai. E ho capito che l’amore capovolge. Capovolge quelle code intrecciate, capovolge la vita e la scuote finché non ti cadono tutte le caramelle dalle tasche, capovolge gli amici, capovolge l’esistenza. Capovolge le tue abitudini e il tuo umore. L’amore ti da forza, quando è vivo, ti presta spunti, ti pone punti di riferimento, alimenta la tua autostima e la tua vita. Tutto è bello, tutto è vivo, tutti sono più simpatici, tutto è più facile. Poi quando l’amore viene intralciato da qualche bastone vagante che finisce inevitabilmente nelle sue ruote, ecco che tutto ciò che si è creato torna a ricapovolgersi. Il sorriso si capovolge, le musiche iniziano a scorrere al contrario, il tempo si inverte, tutto torna indietro. Parole e pensieri capovolgono il loro significato, la gravità influisce sulle lacrime, che cadono, scendono, arrivano in terra e fanno un botto così forte da sfondare il pavimento. Le code, quelle code dei gatti sui tetti di Parigi, quelle rimangono lì, restano lontane, tornando a intrecciarsi solo premendo il tasto play. Pure loro si sono capovolte. L’amore capovolge anche i sogni, li scuote per bene e li lascia lì, come un pezzo di carta ingiallito, come un tappeto che non si usa più, li lascia soli ad intrecciarsi tra loro, a suonare il jazz senza farsi sentire. E tu che mai come adesso sei un bambino che guarda lo spettacolo dal vetro di una finestra su un mondo a matita.